Il cibo e la fame - Per tutto l’ottocento e la prima metà del novecento, una larga fetta della popolazione aveva difficoltà a procurarsi il cibo quotidiano, e non andava certamente sprecato nulla. Era famoso e reale il detto che del maiale non si buttava nulla, ci ricordava Millo che loro allevavano un maiale, ma poi vendevano quasi tutto, tenendosi un poco di strutto , del lardo e le ossa, che davano un ottimo sapore a brodi peraltro privi di carne. Ci ricordava … che quando la padrona ( del podere ) ordinava di uccidere un pollo, era festa perché le interiore restavano alla moglie del vaccaro che le trasformava in una ricercata trippa. L’alimento più diffuso ( poiché il più economico ) era la polenta di mais, che pero aveva il difetto di essere povera di vitamine e sovente provocava malattie ( la pellagra ) con conseguenti effetti di demenza.
L’aceto e l’aceto balsamico –Non sempre il vino prodotto era ottimo, ma se prendeva l’acido nessun dramma, poteva essere buono per il mezzovino o se proprio era andato si usava come aceto. Il nostro Comune è fuori dall’area di vocazione dell’aceto balsamico, e non esiste una tradizione antica, ma comunque spuntano le prime giovani acetaie, ovviamente di tipo famigliare.
La letterina di Natale - Qualche decennio orsono per la cena di natale i bambini preparavano una letterina con le scuse per i capricci fatti durante l’anno, i rituali buoni propositi per l’anno a venire e tra un complimento e l’altro magari chiedevano un regalino. La lettera veniva disposta sotto il piatto del babbo con l’ovvia complicità della mamma. Per i più poveri si trattava di un foglio ripiegato, per chi stava un poco meglio la lettera era una specie di santino un fronte per la dedica al babbo o ai genitori, e due pagine interne per i buoni propositi.
Libri di cucina – In molte abitazioni del paese è presente una copia del ricettario dell’Artusi, la nostra copia d’archivio è della terza edizione anno 1943, ma non disperiamo di trovarne di più antiche.
Non poteva mancare un testo sul parmigiano, anche se recente, tantomeno il testo “ Pomi doro” della Mutti e un più maturo testo sul riso. Quest’ultimo potrebbe sembrare del tutto fuori luogo sul nostro territorio, ma non è così, infatti nel 700 il riso era coltivato nell’allora area paludosa tra Basilicagoiano e via Resga. Questa coltivazione è stata sospesa per evitare il diffondersi della malaria, successivamente ripresa e ancora vietata sino alla bonifica dei terreni ad opera di …