I POZZI – Nell’ottocento non esistevano reti idriche comunali (è quasi buffo pensare che 2.000 anni orsono dal nostro comune partiva l’acquedotto romano che alimentava la città di Parma. L’approvvigionamento idrico per usi domestici proveniva dai pozzi a camicia presso l’abitazione, quello per i bovini se arrivavano le canalizzazioni irrigue alimentavano le peschiere dalle quali con secchi si portava l’acqua nei bigonci presso le mucche. Diversamente si pescava dal pozzo.

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Pozzo a camicia |
Scorcio di casa agricola con pozzo a volante (Serventi) |
Sambot |
Per realizzare un pozzo a camicia si scavava un buco a sezione circolare del diametro di circa un metro, si rivestivano le pareti dello scavo con murature in pietra o mattoni e si scendeva sino a raggiungere una vena d’acqua generalmente da 8 a 15m. La struttura esterna era rappresentata da un cilindro in muratura sormontato da un arco in ferro che sosteneva una carrucola. Alla carrucola si inseriva una catena che terminava con una molla alla quale si agganciava il manico del secchio. I primi secchi erano in legno, poi in rame e infine in lamiera zincata. Dato che non era improbabile che un secchio cadesse nel pozzo senza la catena per il recupero si utilizzava una specie di ragno multi uncinato ( il lov), che fatto ondeggiare sul fondo del pozzo consentiva in genere il recupero del secchio. Anche per la costruzione dei pozzi non mancavano le piccole truffe, e raccontava un costruttore che i clienti in genere si guardavano bene dallo scendere nel pozzo appena realizzato per vedere il lavoro, di conseguenza era abbastanza diffusa da parte dei costruttori dichiarare una profondità superiore di uno o due metri rispetto al realizzato.
Non di rado questi pozzi si trovavano vicini alle tampe di stalle o gabinetti e soprattutto operavano su falde poco profonde, quindi soggette a inquinamenti che spesso portavano a vere e proprie epidemie.
Verso il novecento la tecnologia rese disponibili pompe verticali definiti “sambott” che consentivano di pescare sino a profondità di circa 6 m. ove il livello d’acqua era più basso s’installarono pompe con leve di rimando verso la superficie e opportuni leverismi per azionarle.
Bocche di pompa e rubinetti – In una pompa manuale tipo sambot la bocca di uscita dell’acqua era incorporata nella pompa stessa, ma dove la profondità della vena d’acqua superava i 6 m la pompa non poteva operare a livello dell’utilizzo, ma doveva essere posta più in basso e il meccanismo di azionamento era costituito da un leverismo in quota, e un’asta che da questo scendeva nel pozzo sino a raggiungere la pompa. In questi casi la bocca d’uscita dell’acqua era del tipo presente nella collezione costituita da una bocca in ottone con un gancio per sostenere un secchio.
Con l’arrivo dell’elettricità, che a seconda delle località avvenne dal 1940 sino al 1950 s’installarono pompe sommerse, dapprima all’interno dei pozzi a camicia, poi in pozzi più profondi per garantirsi maggior sicurezza sanitaria e minori rischi di aridità della vena. Naturalmente l’impianto idrico poteva avere più bocche di prelievo, ma ognuna doveva essere dotata di rubinetto per chiudere la mandata d’acqua.