Scopri gli usi
ATTIVITA' PER CONSERVAZIONE DEL CIBO
ATTIVITA’ DI CONSERVAZIONE DEL CIBO - Quasi tutti i prodotti naturali hanno particolari periodi in cui abbondano, seguiti spesso da mesi di totale indisponibilità. Ne consegue che nella cultura autarchica del mondo contadino si sono sviluppate varie forme di conservazione dei cibi, dalle più comuni come l’essicazione dei legumi ad altre meno diffuse di conservazione della frutta e altri prodotti non solo orticoli, ma anche della carne, uova ecc.
Le flippe di mele - Verso settembre, quando maturavano le nostre mele, alcuni provvedevano con un attrezzo a togliere le parti di torsolo, poi ad affettarle, quindi stendendole su tavolacci al sole si facevano essiccare. Questi anelli lievemente bruschi (le mele non sempre erano perfettamente mature) si potevano conservare nel solaio, e consumarle sino all’inverno inoltrato.
L’uva appassita- E’ nota e ottima l’uva passa del sud, generalmente uva sultanina priva di semi, da noi imperava il lambrusco che di semi ne ha tanti, ciononostante qualcuno portava qualche grappolo maturo in solaio, lo appendeva ad un filo e per natale c’era l’uva passa ovviamente con midolle.
Al buter zitè – Nei piccoli poderi durante l’inverno, generalmente le poche mucche, erano secche (non producevano latte) magari tranne una. In questo caso il latte prodotto, decurtato dal consumo alimentare della famiglia era talmente ridotto da rendere sconveniente il trasporto al caseificio, naturalmente l’eccedenza veniva recuperata producendo in casa del burro, con la zangola dov’era disponibile, ma anche più semplicemente con un contenitore di vetro che veniva agitato per una decina di minuti. Anche il burro però diventava eccedente l’uso quotidiano, così si ricorreva alla bollitura … per conservarlo più a lungo, questo trattamento veniva definito al buter zitè.
La conserva di pomodoro - Nel tardo ottocento prima della nascita delle industrie conserviere, si era sviluppata una certa coltivazione del pomodoro, che veniva lavorato direttamente dai contadini con fogoni e paioli per realizzare dei super concentrati, “ il sestuplo” che veniva poi commercializzato nel milanese con trasporti a biroccio trainati da cavalli. La tradizione della produzione casereccia si è mantenuta, il pomodoro veniva passato su un retino dai fori molto piccoli, tali per cui scendeva solo la polpa. Successivamente veniva cotta per realizzare una forte concentrazione che garantiva la durata del prodotto. Attualmente ove ancora si realizza il passato di pomodoro, il processo si è estremamente facilitato in quanto si utilizzano particolari macchine che realizzano l’estrazione della polpa e l’eliminazione delle pelli e dei semi. L’utilizzo poi di vasi con particolari guarnizioni consentono di poter sterilizzare il vaso in acqua bollente e fornire un prodotto di elevatissima durata.
Le marmellate, e le mostarde - Come per il passato di pomodoro l’abitudine alla realizzazione di marmellate è ancora diffusa, in particolare con l’utilizzo di marene, susine. Normalmente la produzione si limita a qualche vasetto per famiglia, ma non mancano gli stacanovisti come Paolo che opera a decine di chili per i vari tipi di frutta del suo podere. Anche le mostarde hanno ancora i loro appassionati, e alcune farmacie come quella di Basilicagoiano vendono ancora la “snavra “ovvero la senape in dosi da 10 gocce per chilogrammo di frutta.
I liquori – non mancano naturalmente gl’appassionati di nocino, con la raccolta delle noci da effettuarsi il giorno di S. Giovanni, i produttori di bargnolino , con la sempre più rara disponibilità dei frutti, poi la più recente moda del limoncino ereditata dalla coltura del Sud. Sembra invece totalmente scomparsa la realizzazione di grappe con distillazione casereccia (naturalmente vietata), la mia ultima esperienza personale con l’utilizzo di una pentola a pressione si perde nei lontani anni settanta.
-
Data creazioneMercoledì, 18 Novembre 2020
-
Ultima modificaGiovedì, 19 Novembre 2020