Elenco delle storie
DIMENSIONE DEI FONDI E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
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Periodo StoricoDal Regno d'Italia a fine Ottocento
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Argomento storicoL’agricoltura nella seconda metà dell'800
LA DIMENSIONE DEI FONDI AGRICOLI E PROPRIETA’- La ripartizione delle terre verso fine Ottocento (1883) è fortemente mutata rispetto al quadro rilevato nel ‘500, ove prevaleva la proprietà dei feudatari e degli enti religiosi, anche se poi vedremo che una grossa fetta di proprietari latifondisti, ora definiti privati, sono ancora famiglie nobiliari, e in qualche modo si riconducono a quelle feudali. In questa visione non è quindi cambiato molto.
Distribuzione della proprietà nel 1883
Proprietari |
Ettari |
% del terreno |
Rendita in lire |
Privati |
2.569 |
57% |
102.549 |
Nobili |
1114 |
25% |
44.468 |
Demanio |
544 |
12% |
21.236 |
Enti religiosi |
264 |
6% |
10.673 |
Dagli stampati delle statistiche di produzione agricola dei primi raccolti (grano ecc.) emerge che i dichiaranti le produzioni sono suddivisi in proprietari e fittavoli. Per ogni anno attorno al 1850 abbiamo:
Proprietari 150 – 160 Affittuari 85 – 90 Totali 240 – 250
Il dato si riferisce ovviamente ai soli poderi che realizzavano colture seminative, ma dato che il totale delle terre seminate era dell’ordine dei 2.000 ettari si può pensare che rappresentassero la quasi totalità dei poderi di proprietà privata, esclusi cioè nobili, demanio ed enti religiosi. Il fatto che nella sottostante tabella si parli di 440 ditte (su 4500 ettari) significa che evidentemente si considerano anche le categorie precedentemente escluse.
Dimensione ditte in ettari
Comune di Montechiarugolo |
Provincia di Parma |
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Dimensione |
N° ditte |
Superficie media ettari |
Superficie totale ettari |
% |
% sulla |
Piccola 0 – 10 |
361 |
1,6 |
562 |
12,5 |
22,3% |
Media 10 – 100 |
71 |
24,3 |
1.729 |
38,4 |
60,9% |
Grande > 100 |
8 |
276,5 |
2.212 |
49,1 |
16,8% |
TOTALE |
440 |
|
4.503 |
|
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Risalta fortemente la grande percentuale dei latifondi nel comune rispetto alla media provinciale, e questo torna a spiegarsi con la non trascurabile proprietà demaniale e con le grosse proprietà nobiliari ancora presenti sul territorio, vedi ad esempio :
- Proprietà del duca Cesarini Sforza 567 ettari;
- Marchesa Anna Pallavicino vedova Simonetta 214 ettari;
- Contessa Marianna Politi 187 ettari;
- Barone Attilio Mistrali 146 ettari;
- Meli Lupi Soragna 70 ettari;
- Marchese Lalatta 20 ettari;
- Famiglia Giovanardi ( non nobile ) 146 ettari;
- Mani morte ( proprietà della Chiesa ) circa 300 ettari
Certamente l’industrializzazione di un area dipende da vari fattori, ma il fatto che la maggioranza delle grosse proprietà fosse ancora in mano a nobili, demanio e clero, non è stato di stimolo per l’avvio di attività diverse dall’agricoltura. D'altronde anche le poche restanti famiglie borghesi Borri, Mariotti / Micheli gravitavano su Parma con attività notarili e simili, e quindi con ben scarsi interessi allo sviluppo dell’attività sul comune.
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO NELLA CAMPAGNA - Il già citato documento del 1500 ci ha mostrato come era ripartito il terreno agricolo tra coltivatori diretti, feudatari, Chiesa e privati cittadini: spariti i feudatari ( ma sempre consistenti le proprietà nobiliari ), fortemente ridotti i poderi della Chiesa. La gestione dei poderi era diversificata ed esisteva una ben distinta gerarchia di ruoli. In dettaglio :
- I proprietari terrieri - potevano essere nobili, benestanti, lo stato e la Chiesa. Generalmente solo nel caso di piccoli poderi il proprietario operava direttamente come coltivatore diretto; nei poderi maggiori, la terra era affidata ad affittuari o mezzadri.
- I fittavoli – Generalmente nei grossi poderi, soprattutto quelli di proprietà nobiliare, della Chiesa e dello stato, la proprietà non gestiva mai il podere ma lo affidava ad fittavolo, che versava una quota annua alla proprietà, e si impegnava a garantire il buono stato del podere ( interessante un contratto di affitto del 1850 riportato nelle memorie di Giorgio Casalini). L’affittuario a sua volta poteva svolgere il ruolo di coltivatore, con o senza dipendenti, o affidare l’attività ad un mezzadro.
- I mezzadri – generalmente una famiglia di tipo patriarcale, assumevano la gestione del fondo dal proprietario o fittavolo, investivano una parte di capitale per attrezzatura e bestiame ( generalmente il 50% ) e spartivano con la proprietà o il fittavolo i proventi del lavoro. Anche questa categoria poteva operare con la sola famiglia o servirsi di salariati.
- I famigli da spesa – erano in genere una famiglia, che con un contratto di lavoro annuale abitava e lavorava sul fondo alle dipendenze del gestore del fondo, e riceveva una paga annuale ( es. 100 lire per quattro uomini), la possibilità di allevare un maiale, la disponibilità di un pollaio, allevare un certo numero di bachi da seta, la disponibilità di coltivare due biolche di terreno, una certa quantità di melica, e di canapa ad uso famigliare. Di fatto la retribuzione era mista denaro e cose, come detto il contratto era annuale e poteva essere rinnovato o rescisso con quaranta giorni d’anticipo rispetto al giorno di S. Martino.
- I braccianti – erano invece chiamati al bisogno, non gli venivano fornite case o altri servizi, ma solo la paga per i giorni lavorati che potevano variare da zona a zona ma raramente risultavano occupati per tutto l’anno, molti faticavano a coprire sette o otto mesi di attività.
- I famì da fagot – Generalmente ragazzi tra 11 e i 18 anni, che il 25 maggio, erano affidati dalle famiglie più povere a mezzadri o fittavoli, i quali gli fornivano vitto e alloggio (generalmente dormivano nelle stalle in inverno e nei fienili in estate), qualche bene in natura ai genitori, e per i primi anni nessun tipo di salario.
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Data creazioneMartedì, 05 Maggio 2020
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Ultima modificaLunedì, 12 Aprile 2021