I SERVIZI IGIENICI - I canoni igienici nella prima metà del Novecento non erano certo paragonabili a quelli attuali, la mancanza di acqua corrente portava ad eseguire lavaggi sommari nelle vasche dei pozzi ( nelle stagioni calde). Il bagno vero e proprio veniva fatto con cadenze molto lunghe ( spesso superiori al mese ), e all’interno di bigonci nei quali si portava l’acqua calda( e normalmente non si sprecava tanta acqua per una sola persona). Solo dagli anni Sessanta si assiste alle diffusione degli scaldabagni prima a legna, poi a gas. Le esigenze fisiologiche notturne venivano espletate nei pitali, posti nei comodini, e svuotati la mattina nel cesso, generalmente posto fuori casa.
Valter Mazzali ci ricorda che una delle vertenze contrattuali gestite dal padre, tra salariati e agrari negli anni ‘70, ebbe come richiesta di disporre nella casa del salariato (ad esempio il vaccaro) di un bagno: fu così che, con l’accettazione della richiesta, in qualche caso alcuni salariati ebbero la disponibilità del bagno, prima che il titolare del fondo lo realizzasse per sè.
I detergenti per la pulizia dei piatti - Il primo passaggio di pulitura in campagna si effettuava con la crusca, che esercitava una sgrassatura delle stoviglie e arricchiva la crusca stessa di sostanze nutrienti, migliorandone il potere alimentare per l’uso animale al quale era poi destinata. Nel centro dei paesi, dove non si potevano allevare animali ,il detersivo corrente era costituito dalla lisciva. Per usi di bucato si usava Il sapone e la varechina ( ipoclorito di sodio), che erano di normale acquisto nei negozi del ‘900, ma per la prima metà del secolo il sapone utilizzato nei poderi era generalmente autoprodotto, con il trattamento a caldo dello strutto di maiale con soda caustica. Non esisteva ancora l’attuale detersivo “che lava più bianco del bianco”, ma nessun problema: con la cenere del camino ( nel quale si doveva evitare di bruciare tappi di sughero e altri inquinanti) posta in un bigoncio e contenuta in lenzuolo vecchio, si faceva percolare l’acqua calda, sicché sul fondo del bigoncio si depositava in liquido giallastro( l’alsia), che conteneva composti di fosforo simili agli attuali detersivi e aveva un elevato potere detergente. Naturalmente non conteneva gli sbiancanti e tutti i derivati che ci regalano allergie e dermatiti. Con questo liquido si faceva, quindi, la “bugheda”.