Elenco delle storie
1831 - I MOTI POPOLARI
I MOTI DEL 1831 - A Parma, come nelle altre città del Nord Italia nel 1830, non mancavano gli spiriti liberali, con il sogno di realizzare uno stato nazionale, e ripristinare quei diritti di libertà e uguaglianza che avevano caratterizzato il periodo napoleonico. Il ducato parmense prima con il governo provvisorio, poi ancora per alcuni anni con Maria Luigia, aveva mantenuto la struttura statale e la legislazione del periodo francese, ma poi gradualmente aveva prevalso la restaurazione: erano tornati gli ordini religiosi, il sistema delle imposte aveva alleggerito le rendite agrarie, gravando sui ceti più poveri e, infine, con il governo Werkelein si era concesso in appalto a privati la riscossione dei tributi. In sostanza per i parmigiani, oltre all’ideale di uno stato italiano, era forte il risentimento verso il malgoverno dell’amministratore Werkelein. Lo scoppio dell’ennesima rivoluzione in Francia ( 27-29 Luglio 1830) porta alla fuga e abdicazione di re Carlo V e al contrapporsi della fazione dei proletari sostenitori della costituzione di una repubblica; a quella dei borghesi fautori di una monarchia più democratica. Prevalsero quest’ultimi e venne incoronato Luigi Filippo.
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La libertà guida il popolo | Assalto alla casa di Ciro Menotti |
Ben presto il clima di insurrezione dilagò in tutta l’Europa. In L’Italia, e precisamente a Modena, l’avvocato Miseley già dal 1829 aveva convinto il duca Francesco IV a mettersi a capo di una sommossa del Nord-Italia che avrebbe dovuto portare il duca al ruolo di re d’Italia. Il Miseley si prodigò in varie visite e incontri con esuli italiani a Parigi e Londra e con circoli liberali d’Italia, compresa Parma. Col suo impegno convinse ad aderire alla causa l’industriale carpigiano Ciro Menotti, ma alla vigilia della sommossa il duca ( forse informato delle pressioni che gli austriaci stavano esercitando sul re di Francia, per dissociarsi da eventuali fazioni rivoluzionarie) si preoccupò al punto da fuggire da Modena e e rifugiarsi presso le truppe austriache dopo aver ordinato l’arresto di Ciro Menotti, che avvenne il 3 Febbraio 1831. Ormai la sommossa era matura: il 4 febbraio insorgeva Bologna, seguita dalla Romagna, il 5 era il turno di Modena, il 7 Reggio Emilia proclamava il governo provvisorio. A Parma l’8 Febbraio compaiono le coccarde tricolori nelle piazze e nelle strade e il 12 migliaia di persone si presentano alle porte della città: l’amministratore Werkelein chiede a Maria Luigia il permesso di schierare truppe e cannoni, pronto a sparare sulla folla per coprire la fuga verso Piacenza. La Duchessa ( per amore del suo popolo ) si oppone. Gli insorti entrano in città con le loro coccarde tricolori, e al grido di ” viva Maria Luigia e a morte Werkelein” disarmano alcuni reparti dell’esercito ducale.
Nella mattina del 14 febbraio nel paese di Montechiarugolo, un gruppo composto da Corbellini (dott.) Roberto (commissario distrettuale), Fontana Francesco (sovrintendente comunale), Petrini Luigi (segretario commissariale), Marconi don Ercole (rettore di Montechiarugolo), Marchetti Domenico e Marchetti Paolo, Grassi Ubaldo, Ferrarini Gian Maria, Coperchini Guglielmo, Castellari Pietro, Colla Vincenzo, Carrara Antonio, Agresti Carlo, Chiodelli Carlo ( tutti di Montechiarugolo), e Panerari Giacomo di Basilicanova, si presentò nelle vie cittadine al grido di “viva la repubblica italiana”, invitando i cittadini a disarmare i dragoni e la guardia forense. Certamente gli animatori erano informati dei moti della capitale Parma, ma l’inneggiare alla repubblica era certamente più estremista della tendenza del movimento parmigiano.
Tornando a Parma, il 14 la Duchessa seppure non contestata, e anzi invitata a farsi capo delle sommosse italiane, lasciò Parma; il 15 gli insorti proclamarono un governo provvisorio, che, come primi atti proclamò la validità delle leggi esistenti, modificando le norme sulle finanze ed eliminando gli abusi introdotti dal Werkelein (che, a detta di alcuni, era foraggiato dal concessionario dei tributi marchese Testa ). Per un mese il governo provvisorio operò in Parma, mentre Piacenza restava sotto controllo austriaco e dei dragoni ducali. Ai primi di marzo l’esercito austriaco entrava in Modena, e gradualmente anche il governo rivoluzionario di Parma mise fine alla sua esperienza.
Tornando a Montechiarugolo, il tumulto non trovò seguito tra il popolo poco disponibile alle novità politiche, sicché i cospiratori vennero arrestati dai dragoni che volevano disarmare, e per loro fortuna condannati a lievi pene (solo sorveglianza): la duchessa Maria Luigia voleva evitare sommosse popolari. Evidentemente la Duchessa poneva fiducia in queste persone, poiché dopo soli due anni ne nominò alcuni consigliere comunale e il Fontana podestà. Stupisce, comunque, che al grido di “viva la repubblica” fossero presenti tanti funzionari, e pure un religioso. più o meno nello stesso periodo vennero sequestrati tutti i beni della famiglia Sforza.
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Data creazioneVenerdì, 01 Maggio 2020
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Ultima modificaVenerdì, 05 Marzo 2021