L’economia di un tempo, soprattutto nelle campagne, era decisamente povera e la gente aveva la cultura del riutilizzo, soprattutto nel campo dell’abbigliamento: i vestiti passavano regolarmente dal fratello maggiore a tutti quelli che venivano dopo. Ma anche per gli adulti era normale che gli abiti fossero riparati, rivoltati o riadattati. Soprattutto gli abiti da lavoro, soggetti ad usura, venivano spesso rammendati e rattoppati.
Alcuni attrezzi rotti o consumati venivano trasformati per essere riutilizzati. Le falci in acciaio si riciclavano in falcetti da fienile o coltelli da cucina; le lime da ferro diventavano scalpelli da legno; i cerchi di vecchie biciclette erano utilizzati per farne telai per le arelle (corghe); i cuscinetti di vecchie auto o trattori erano ricercati dai ragazzi per costruire carretti in legno.
Nel primo '800 con l’annessione dei territori parmensi all’impero francese e l’eliminazione di molti ordini religiosi, vari conventi furono trasformati in ambienti civili. Così avvenne ad esempio per il Convento di S. Felicola che divenne un'azienda agricola. Visto che la chiesa era sconsacrata, i contadini decisero che le acquasantiere erano sprecate e le trasformarono in pilette per l’abbeveraggio del pollame. Molto più recentemente, nell’immediato dopoguerra, un riciclo per certi aspetti quasi vendicativo è stata la trasformazione degli elmetti tedeschi in grossi mestoli per estrarre il colaticcio dai pozzi neri ( tampe). Altro riciclo di questo periodo è stata la trasformazione delle jeep americane in trattori agricoli.