TRAPPOLE PER ANIMALI e GABBIE - Nelle abitazioni di campagna erano spesso presenti topi e ratti. Le forme per combatterli erano varie: il veleno, che però presentava rischi per gli animali domestici come gatti e cani, oppure le trappole a scatto e a tagliola.
Trappole a scatto - Essendo molto semplici, erano le più diffuse. Avevano una base in legno e un anello quadrato, spinto da una molla, e un pernetto che teneva bloccato l’anello in modo instabile. Sul pernetto si posizionava un pezzetto di formaggio che il topo tentava di prendere, ma il perno si inclinava e la trappola scattava. Sistemi meno cruenti erano realizzati in filo di ferro e consistevano in un vano il cui accesso era costituito da un cono in fili d’acciaio. Il vano sul lato esterno era la parte ampia e liscia del cono, per cui il topo entrando dall’esterno poteva facilmente allargare il cono senza sforzi, ma una volta entrato gli si presentava il lato stretto del cono con le punte dei fili e l’uscita era impossibile.
Trappole a due vani - Erano realizzate in filo di ferro. Sul lato sinistro della foto si vede l’ingresso conico dal diametro abbastanza grande per facilitare l'accesso dell'animale, con i fili che terminavano a punta rendendo impossibile l'uscita. Nella parte centrale, sempre nel vano ingresso, era situata la paletta sulla quale si depositava l’esca. L’azione di prelievo dell’esca provocava il ribaltamento della paletta e l’animale restava intrappolato. Con questa trappola non si causavano danni all’animale.
Trappole a tagliola - Erano tenute aperte da un piccolo gancio connesso alla base dove si poneva l’esca; il movimento della base, provocato dal muso dell’animale che si impadroniva dell’esca, portava alla liberazione dei due semicerchi che, spinti dalla molla (manico) facevano chiudere la trappola. Venivano usate da chi aveva il pollaio per catturare predatori come le faine, le donnole e le volpi e non ci si preoccupava certo del dolore provocato all’indesiderato visitatore.